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Busch Adolf , Trio , Quartetto

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Messaggio Da sordo Dom Lug 26, 2020 1:14 pm

But it was through the best-known Eldering pupil, Adolf Busch, that the recording of Beethoven quartets reached its apogee. Frustratingly, the Busch Quartet (left) did not record any Beethoven until late 1932, two decades after the group’s founding; but after Busch began his principled boycott of his native land early in 1933, because of the Nazi regime’s treatment of the Jews, HMV in London made sure that as many recordings as possible were made. Even then, circumstances dictated that the Busch ensemble never completed a recorded cycle, although both HMV and American Columbia would gladly have sponsored one, and the wartime recording of Op. 59/2 was not released until 40 years later. But that performance and those of Op. 18/1, Op. 59/1, Op. 59/3, Op. 95, Op. 127, Op. 130, Op. 131, Op. 132 and Op. 135 have rightly gained legendary status. Like Capet, Busch was a master of bowing, especially of the long bow, and his control of rhythm was as sovereign in slow music as in fast. He felt that the late quartets, haunted by intimations of mortality, had to be taken to extremes: his fast tempi generally approached or matched Beethoven’s markings – an exception being the substitute Allegro finale to Op. 130, where his steadier speed gave the skipping main theme more substance – and his slow tempi were very slow. It was the custom, when recording on 78rpm discs, to do two takes of each side before proceeding to the next side. Busch went along with this system in fast movements but in the great slow movements he made only one take of each side, so as to keep as much continuity as possible, and made further takes on subsequent days if necessary. Because his sense of rhythm was so uncanny, the separate sides that make up each movement join up very well on LP or CD. He and his colleagues also knew how to hold a tempo, not speeding up when the music got louder or slowing down when it got softer; and they never made the error perpetrated by some artists, of slowing down when approaching the end of a side. They were also masters of pizzicato and of varying vibrato. Over and above such technical considerations, Busch had an unrivalled ability to bring out the spirituality of Beethoven’s quartets: he could freight a simple line of music with almost unbearable intensity and exaltation; and he identified totally with Beethoven’s sound world. His leadership inspired his colleagues – younger brother Herman Busch, cello, Gösta Andreasson, second violin, and Karl Doktor, viola – to enter into the same rarefied sphere. Today’s listener will note the players’ portamenti, and will also realise that not all the portamenti are matched: while some slides were planned, so as to knit particular phrases together, expressive slides were left to the individual player’s discretion in those days. Some listeners may feel that the tempo for the Lento assai of Op. 135 is too slow, but how wonderfully the musicians sustain it. By the time he came to record the Grosse Fuge, Busch no longer felt able to do it with a quartet – although he continued to feature it in concert cycles – and he made it the first studio project with his American chamber orchestra. It is a blistering performance but one would rather have had it with a single player to a part. The Busch Beethoven records have frequently been reissued and the most recent EMI box of the late quartets includes the American recordings of Op. 130 and the Fugue. To hear Busch in the Cavatina of Op. 130 or the Heiliger Dankgesang of Op. 132 is to realise that he truly set the outer parameters in late Beethoven. Those who have succumbed to the Busch magic will be interested to hear live recordings from the group’s last year, 1951: Op. 18/1, Op. 59/3 and Op. 130, with an even more ethereal Cavatina than in the studio version, stem from a single Ludwigsburg concert. I am told that Op. 131, from a Frankfurt recital, is due for release at last. Tully Potter ha scritto:
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Messaggio Da sordo Dom Lug 26, 2020 1:15 pm

Ascoltando l’integrale del Koeckert ricordavo un qualcosa di conosciuto , di già ascoltato , ma non riuscivo a ricordate,,,,il Quartetto Busch sona molto simile al K. , meglio il K. suona alla Busch.

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Opus 95 conferma appieno questa reminiscenza , suono veloce , cazzuto , compatto , senza fronzoli(portamenti ecc.) , il primo violino distinto dagli altri , come fosse un concerto per , il secondo , la viola ed il violoncello sono l’orchestra.
Altra caratteristica è la tensione costante in tutta l’interpretazione , nessun abbandono.
Penso che invece che “serioso” lo definirei “incazzoso”.
Opus 130 , 9 anni separano questa incisione da quella dell’op 95 ,,,,
Adagio ma non troppo , il tempo rimane sul veloce ma non ce se ne accorge , gli strumentisti dialogano perfettamente.
Presto è un capolavoro assoluto di fraseggio,,,,dinamiche,,,un peccato duri così poco.
Andante con moto,,,,anche qui un pò veloci , ma azzo come volteggiano e che ritmo , la melodia viene cantata veloce ma è ugualmente bella.
Alla danza,,,stringono pure qui , la melodia è sparata a mille,,,
Cavatina , e mo mica possono correr,,,tutta questa urgenza finisce qui,,,,,
Busch espone il tema in maniera nobile e mai strappalacrime con il suo timbro unico(sembra una viola) , tutta l’interpretazione è cerebrale , il cuore c’è ma è controllato. L’espressione è resa molto bene, è una mestizia maschia.Qui trovi delle scelte dinamiche che sono capolavori assoluti.
Finale Allegro , altro capolavoro di dizione , rallentano e decantano il movimento ritmandolo,,,,,
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Messaggio Da sordo Dom Lug 26, 2020 1:56 pm

Incuriosito mi sono riascoltato l’ edizione del 1951 live con solo due membri che appartenevano alla formazione classica(A.e H.B.), l’impostazione è meno brusca(forse anche meno tecnica,,) più calma , può piacere di più,,,,mi piace di più,,
No , alcune cose rientrano di più nei miei gusti personali , tempi più lenti(di poco) suono più morbido , ma poi vado con il ricordo all’ edizione del 41 e credo sia più riuscita.
Ma pure questa è , come dico io , sonata da paura.

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Messaggio Da sordo Lun Lug 27, 2020 12:27 am

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Irene Busch, Arturo Toscanini, Adolf and Frieda Busch in 1932
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Messaggio Da sordo Lun Lug 27, 2020 12:29 am

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Messaggio Da sordo Gio Lug 30, 2020 2:38 am

Forse ancor più importante del Quartetto , è la collaborazione di Busch con Serkin.
Due sonate di Beethoven ed un Solo Bachiano.
Opus 24 è del 1933 ,,,Adagio molto espressivo il tipico viola sound di Busch , espressivo ma non troppo , forse Serkin doveva lasciarsi andare un pò di più ma lcuni ceselli in comune sono da antologia.
Opus 30nr.2 Adagio cantabile , qui è facile scatenarsi col canto , B. e S. rimangono controllati ed esprimono una bellezza classica. Trovo anche più in sintonia Serkin , il fraseggio ed il legato di B.sono fenomenali , come anche le mezze voci.Poco prima dei pizzicato finali B. sfodera ancora il suo timbro scuro per poi estenderlo alle note alte.
Bach partita bwv1004 i primi due movimenti mi lasciano dubbi , la Sarabanda è di una spartana bellezza, sempre con il timbro scuro .
La Ciaccona è uno dei capolavori interpretativi di B., il fraseggio a volte mi lascia dei perplesso(dovrò capirlo), le dinamiche contenute fino ad un certo punto , poi forte.
Non è una int. virtuosistica ma sentita , sofferta , grezza, corposa e sempre scura.
Il finale è di una tensione disarmante,,,i dice questa è la musica.
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Messaggio Da Ospite Ven Lug 31, 2020 3:41 pm

A proposito del duo Busch/Serkin vi propongo sempre di Beethoven un bel CD rimasterizzato dalla naxos... si cimentano sempre con le sonate: oltre la n.5 “primavera” (op.24), anche n.3 (op.12, n.3) e n.9 la Kreutzer (op.47).
I due hanno una grande sintonia.

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Messaggio Da sordo Sab Ago 01, 2020 10:34 am

La cosa che più mi colpisce è che Serkin non fà per nulla il mero accompagnatore, ma è al pari di Busch artefice , per nulla intimidito da lui.
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Messaggio Da Ospite Dom Ago 02, 2020 12:30 pm

Un altro con cui ha lavorato Serkin di grande personalità è Pablo Casals ... ed anche in quella occasione c’è un grande equilibrio ... una bella intensità (Sonata per violoncello e pianoforte di Beethoven)... una interpretazione di spessore (per quanto mi riguarda di riferimento 😉).

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Messaggio Da sordo Ven Ago 07, 2020 1:46 pm

Son op 78
Qui Serkin si supera , non è solo un mero accompagnamento è arte pura.Busch è miracoloso , il suo tipico suono è adatto in maniera particolare alle sonate per violino di Brahms.
Vivace è di una liricità quasi perfetta(dove la perfezione assoluta è un difetto)
Alcuni fraseggi un pò metronomici nel Adagio , ma ascolta quello che fà Serkin in sottofondo,,, poesia , Busch lirico e calmo.
Allegro molto moderato è preso lento , quasi sommesso , cesellato come non mai.
Op 100
mi sembra un pò meno riuscita della op78 ma forse sono io a non comprenderla ancora , qui Busch riprender a correre , ma quando allarga è da brividi,,la cavata è di una corposità materica che si trasforma in lirismo puro.
Si può non esser d’accordo su delle scelte estetiche , ma siamo difronte ad un capolavoro.
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